Eravamo ragazzi quando iniziammo a cantare in un coro. In un coro con oltre cinquanta persone e un direttore. Per molti di noi la formazione musicale iniziò proprio lì.
In quella nostra prima esperienza insieme avevamo un direttore vero: Lamberto Pietropoli, un pezzo della storia musicale italiana. Chiunque abbia avuto un tale privilegio lo porta attaccato addosso. Per tutta la vita. 

 

Fin dall'inizio, però, la sensazione di anonimato del cantare in una sezione corposa in un coro ancor più corposo ci portò a fondare al suo interno un coro Junior, composto dai sei o sette giovanissimi, che azzardava brani più spericolati e adatti a degli adolescenti che crescevano con quel "privilegio" attaccato addosso.

 

Come spesso accade, poi, la vita poi ci portò lontani gli uni dagli altri, il lavoro, i matrimoni: insomma stavamo crescendo. 

 Fu nel 2007 che Stefano, con una telefonata del tutto inattesa, ci ricordò che quella parte di noi non era morta, ma solo in letargo. Le nostre vite si erano oramai assestate e si poteva ricominciare, come se mai ci fossimo fermati. Il coro Junior poteva riprendere il cammino da dove lo aveva lasciato. 

 


12FCi volle qualche anno per capire quale fosse l'assetto che cercavamo. Partimmo per essere in dodici, e da qui il nome "i Dodecafonici". Ma in dodici non cantammo mai. Forse in undici, una volta. E poi la storia del direttore. A chi avremmo voluto delegare le redini della nostra musica limitando quindi di fatto il nostro contributo individuale? All'inizio dirigevamo un po' tutti, a rotazione. Era divertente, ma non risolutivo. Poi l'idea di ridurre l'organico a sei abolendo il direttore cominciò a farsi largo. Detto fatto. Ora siamo in sei (del gruppo iniziale restano i due Stefani, Marco e Bruno; Riccardo e Francesco si sono uniti a noi successivamente) e cantiamo senza un direttore.  

 

In sei non si può sbagliare, ognuno canta la sua parte, da solo. Non da solista, o almeno non sempre. Da solo: non ci si può distrarre perché non si ha un vicino cui appoggiarsi; non si può prendere fiato dove si vuole, contando sull'aiuto della propria sezione.
 

L'altra sfida è cantare senza direttore: bisogna imparare a respirare tutti insieme, ad avvertire cosa fanno gli altri sviluppando istinti meravigliosi, maturando una grande fiducia reciproca; bisogna capire come il proprio ruolo si snoda fra le note, dove forte, dove piano, in un gioco di squadra naturale.

 maramao

Cantare in sei è emozionante, è adrenalinico.

 

Ma cosa canta un gruppo di sei insospettabili cinquantenni, soprattutto senza un direttore che sceglie per loro? Quello che vuole, spaziando nell'immenso patrimonio musicale. Si discute, si propone, si prova. Ci sono brani che "entrano" subito e altri che proprio non fanno per noi. Forse sono i brani che cercano noi; e se ci trovano allora il gioco è fatto. Cantiamo i Muppet come Di Lasso; cantiamo le canzoni della nostra Roma come Rossini; il Quartetto Cetra e il trio Lescano; Baglioni e Billy Joel; musica popolare da tutto il mondo e verso la fine dell'anno brani natalizi.

 

Ci piace cantare: non lo facciamo per professione, ma ci impegniamo come se così fosse. Ci piace condividere questo nostro piacere con un pubblico che ci dimostra sempre tanto affetto e calore e con altri cori con cui spesso amiamo condividere le gioie di un palco. Lo facciamo a Roma, in Italia, e qualche volta anche all'estero. E' un mondo in cui si conoscono tante belle persone.

 

Alla ricerca continua di spunti per migliorare, nel Maggio del 2012 abbiamo partecipato ad una masterclass con Philip Lawson, il baritono dei King's Singers, e sempre con Lawson, nel Settebre del 2016 abbiamo organizzato un finesettimana di workshop presso la nostra sede romana.

Da qualche anno collaboriamo con Claudia Favaro, grande amica e curatrice di molte delle armonizzazioni che propongono durante le esibizioni.